E se dicessi di no? (Seconda parte: Lui)

10 Novembre 2018

Si è ingegnato in mille modi per evitare che lei gli ficcasse quegli occhi palpitanti nei propri: ha cambiato zona della pista, ha finto di ridere (e ridere a crepapelle) con un amico, ha bloccato il proprio sguardo su una prospettiva retta, eliminando la vista periferica, ha finto di allacciarsi le scarpe, ha controllato almeno quattro chat sul cellulare (Cecilia ancora non risponde).
Ma lei l’ha raggiunto e ora gli gravita intorno con il radar sparato e ipersensibile. Capta ogni variazione della sua volontà, vorrebbe modificargli la volontà.

Sta lì, ondeggiante, nell’unico canale visivo che lui ha lasciato aperto, lo punta fisso, con iridi speranzose: gli mostra che esiste, che un ballo vorrebbe proprio farselo. “Mi inviti?” sembra che dica.

“Mi inviti?”, ha pensato così?
Ha pensato così.

Lui non sa più dove spostare lo sguardo, il panorama è come una piscina in cui hanno occupato tutte le corsie. Si sente un po’ costretto, vorrebbe almeno cinque metri quadri di libertà.
Poco prima aveva osservato la pista facendo una rapida ricognizione delle presenti: con tre ballerine avrebbe preferito non ballare. Una, la volta precedente, gli si era appesa addosso come un mattone potrebbe penzolare da un ramoscello di salice. Lei pesava forse sessanta chili, ma messa in quel modo era come se gliene caricasse in groppa cento.
Un’altra si era scatenata in ganci e bolei che non solo lui non aveva mai guidato, ma neanche immaginato! E invece se li era sentiti nei muscoli come un contraccolpo (sono mezzi caduti, si sono dovuti fermare, hanno riguadagnato l’equilibrio con qualche sforzo).
L’ultima gli aveva infilato il naso nel collo, in quel punto delicato in cui scorre il respiro. Cercava di scostarla con maniere gentili, ma alla fine se la ritrovava sempre lì.
La prima di queste donne gli ha appena chiesto silenziosamente di invitarla.

«Forse dovresti farlo» gli suggerisce una parte di lui. Per quali motivi? Beh, vediamo: per gentilezza, galanteria, perché è giusto così, perché è cortese fare in modo che tutte le signore ballino, perché nel tango di solito ci sono più donne che uomini e quindi già partono svantaggiate, perché almeno poi spegnerà il radar e potrai stare tranquillo per il resto della serata, perché è una questione di resistenza: qualcuno dovrà cedere, perché hai poca voglia di (nell’ordine): essere tampinato senza scampo, continuare a fingere di trovarti impegnato in altro, vedere che Cecilia ancora non risponde.

«O forse non dovresti proprio invitarla» dice l’altra parte di lui. Per quali ragioni? Beh, vediamo: è un fiore di donna ma quando entriamo nell’abbraccio diventa un tronco, ogni tanto azzarda passi che rischiano di farci piombare a terra (forse vuole dimostrarmi qualcosa? forse vuole mostrarsi?), mi tiene stretto stretto ma non per un fatto di connessione quanto di sostenimento: cerca l’equilibrio su di me quando dovrebbe trovarlo in se stessa.

Mentre gli diventa chiaro che non ci saranno modi diplomatici di sgombrare le corsie della piscina, lui valuta le conseguenze del mancato invito. Se continuo così che succede? «Puoi scegliere» dice la voce, «finisci nella lista nera, nella lista degli uomini insensibili, nella lista dei ciechi e cafoni, nella lista degli uomini che tanto non gliene frega niente. Oppure, se per qualche motivo il suo desiderio è superiore alla delusione, alla prossima milonga ti ritroverai nella stessa circostanza. Tu scappi, lei ti pedina. E allora che farai? Ma soprattutto: dove diavolo è Cecilia?»

E se la invito che succede?
«Vai contro il tuo corpo. Contro la tua schiena, nello specifico».
Vado contro il mio corpo?
«Sì, ma anche contro il tuo sentire. Corpo e sentire qui fanno tutt’uno».
Non sarà bello.
«Puoi scommetterci».
Ma almeno per stasera me ne libero.
«La libertà è un’altra cosa».

Lo sguardo nervoso si distende in un sì-finto-lusingato, le indirizza un cenno del capo, come a dire “ma certo, certo che ora balliamo”. Gli occhi di lei si illuminano (ma certo, certo che ha begli occhi, solo che non basta).

Camminano fino alla pista, lei gli si addossa come una montagna a un piccolo albero. Lui si maledice.
Ma Giglio Pabidoro una volta gli ha detto che tutti abbiamo una regina dentro, uomini e donne. Sta in mezzo al petto, come un timone. E la regina è fiera, ma al tempo stesso umile. Ti drizza la schiena senza rendere arrogante lo sguardo. La regina è aria che solleva, un centro d’energia che dà senso anche a ciò che sembra non averlo. Nel tango ogni passo conta.
Se non puoi ballare con lei, balla con la Regina.

 

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