Da bambina Anna credeva che la vita fosse un po’ più quadrata, più definibile. Soprattutto, credeva che lo fosse l’amore. Un bel calendario spartito per anni e via!
Fino ai dodici anni: tutto bene.
Dai dodici ai quindici: i primi rimescolamenti, mi piace, gli piaccio, non mi piace, fa finta che io non gli piaccia ma gli piaccio e io faccio finta che mi piaccia il suo far finta che io non gli piaccia ma in realtà mi dispiace e poi lui mi piace uffa, mi piace ma vorrei piacergli di più di quanto lui piaccia a me.
Dai quindici ai – diciamo – ventidue o ventitré: struggimento, esaltazione, pianto ed esperimenti. Vertici, abissi, ossa rotte, anima forte. Una bella palestra per allenare il cuore a ripararsi da solo e a spaccarsi da solo, se necessario.
Intorno ai venticinque, maaaaassimo ventisette: trovi la persona della tua vita e trionfano le note dell’organo. E sei a posto. E fine dello struggimento. E bene così.
Puoi fare altro.
Anna, da bambina, lo credeva davvero. Ci sono anni per fregarsene, anni per sperimentare – stare bene e stare male –, e anni per stare definitivamente bene.
Una volta grande, Anna si è guardata le dita delle mani e non le tornavano più i conti. Com’era? Fino ai venticinque? O si partiva dai dieci? E nel mezzo c’era il diciotto o il ventitré? È arrivata ai trentadue e ha buttato via il calendario che si era fatta da bambina. Dopo qualche tempo nel tango, ha capito che quel calendario l’avevano buttato via in molti.
L’ha buttato Gennaro, per esempio. Settantaquattro anni, balla da quando ne aveva sessantuno. «Un po’ tardi» gli hanno detto. In milonga lo snobbavano, allora è stato tredici mesi a Buenos Aires ed è tornato. Poi l’hanno fatto ballare.
La donna che ha amato di più si chiama Lucrezia. Non ha voluto lasciare il marito per lui. «Ma è stato comunque un grande amore» dice Gennaro, e quel cuore di settantaquattro anni gli si strizza ancora e spreme fuori occhi lucidi e mani che si contorcono. Non vede Lucrezia da un decennio. «Ma è davanti a me anche ora».
L’hanno buttato Tina e Leo. Due figlie lei, due figli lui, un matrimonio fallito per parte. A metà vita si sono incontrati in un giardino ed è iniziato il loro amore matto: si guardano come al primo appuntamento, litigano come avessero sedici anni, fanno pace al modo dei saggi. Si lasciano almeno una volta ogni sei mesi. Poi tornano insieme. Hanno deciso di prendere lezioni di tango. Non si sa se per amarsi meglio o per lasciarsi meglio.
E l’ha buttato Alma, che si avvita nelle sue gonne a tubo stretto e si affida agli uomini del tango dopo aver lasciato un uomo che di ballo non sa nulla e aver tirato su una figlia che di padri non sa nulla.
E c’è Andrea: anche lui ha stracciato il calendario. Due figli adorabili, un’ex-moglie che ha preferito il suo amico, una nuova fidanzata con la pelle molto più giovane dell’ex-moglie, dell’amico e di Andrea stesso. Balla tango perché il cuore ha bisogno di abbracci – tanti e diversi – e il corpo anche.
Davide ha appallottolato il calendario ancora prima di Andrea. Ha incontrato Silvia per caso a una milonga, quando ormai pensava che gli rimanesse solo da far laureare la figlia maggiore, cucinare per il più piccolo e caricare l’automobile di bagagli per vacanze solo immaginarie.
Gennaro, Tina, Leo, Alma, Andrea, Davide e Silvia: a tutti è volato il cuore in gola nonostante l’età, a prescindere dall’età, totalmente fregandosene dell’età.
L’amore è una rete da pesca che può caderti addosso in qualsiasi momento, che tu vada per i cinque anni e mezzo o per gli ottantasei. E a volte la mano che lancia quella rete è la mano del tango.
Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!
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