Un uomo portato dal fiume

11 Maggio 2019

La cosa più grande di Santa Ana è la scritta “Santa Ana”. Svetta sulle sponde del Río de la Plata, a strapiombo sulla spiaggia sottostante. Si annuncia a chi arriva dall’acqua, saluta chi se ne va. I turisti si chiedono perché un paese minuscolo abbia bisogno di una scritta enorme. Forse per ricordarsi di esistere, di essere un punto del mondo anche se il mondo non lo sa.

La seconda cosa più grande di Santa Ana è l’emporio di Mirta. La struttura comprende il negozio al piano terra, l’abitazione al piano superiore e una terrazza sul tetto. Un lato del negozio si affaccia su un cortile interno pieno di piante, dove hanno allestito una sorta di bar, coperto da bambù e filari di lampadine. Servono birre prese dal frigo del negozio, torte salate, medialunas cosparse di zucchero liquido. Luccicano da lontano, come pupille mobili.

Mirta sta dietro la cassa. Dalla sua postazione dirige gli spostamenti dei famigliari che l’aiutano a gestire il negozio. Segna i conti dei clienti su un blocchetto di carta, infila i prodotti dentro borse stropicciate, sorride, scambia qualche chiacchiera, si sistema gli occhiali a vari livelli del naso, a seconda che debba guardare vicino o lontano.

Lo fa da vent’anni. Dirigere, segnare, infilare, sorridere, scambiare, sistemare.
Cerca di riempire ogni istante, in modo che non resti spazio per i pensieri. A Santa Ana c’è una pace così densa da trascinare alla follia. Solo una volta la quiete fu interrotta.

Un giorno di vent’anni prima, il fiume portò un uomo. Veniva da Buenos Aires e ballava il tango. Mirta era appena maggiorenne, lui superava i cinquanta. Il primo sguardo tra loro fu quando lei gli porse il sacchetto con dentro le tre medialunas che aveva chiesto. Erano ancora calde. Quello stesso pomeriggio andarono insieme alla spiaggia. Mirta rimase distesa sulla sabbia mentre lui passeggiava lungo la riva. Tornava ogni tanto a posarle sulla pancia le conchiglie che aveva raccolto. Dopo il tramonto, con gli ultimi bagliori aranciati, provò a insegnarle qualche passo di tango. La sabbia scricchiolava come neve sotto i loro piedi.
Si salutarono con un abbraccio e nessuna parola.

Il giorno dopo trovarono il corpo dell’uomo nel fiume, a molti chilometri dal minuscolo nulla di Santa Ana. Da quel giorno Mirta dirige, segna, infila, sorride, scambia, sistema. Colleziona gesti e movimenti per non pensare. Sta dietro la cassa, manda avanti un piccolo regno di barattoli, frutta, scope, gelati, ventilatori scarichi e freezer con carne congelata.

Una turista le chiede se il vaso con dentro le conchiglie – «sì, proprio quel vaso sopra la mensola in fondo» – sia in vendita.
Mirta fa no con la testa.
«È solo un modo per ricordare a me stessa che la felicità a volte si nasconde in un abbraccio».

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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