Un uomo portato dal fiume (Seconda parte)

18 Maggio 2019

Il fiume lo restituì nelle prime ore del mattino. Le correnti cullarono il corpo ancora per qualche tratto prima che fosse notato. A Santa Ana la notizia giunse per bocca di un ragazzo arrivato con la corriera del pomeriggio. Aveva aiutato alcuni uomini a recuperare il cadavere, ora parlava scosso, stranito, diceva che fa molta paura quando i corpi non assomigliano più a un corpo.

Mirta lo ascoltava, celata dai vassoi delle medialunas tiepide. Non ebbe bisogno di indagare: certe sensazioni si scolpiscono nel cuore come certezze. Non dubitò neppure per un momento che il corpo appartenesse all’uomo con cui il giorno prima era stata alla spiaggia. Percepiva ancora il suo abbraccio, nella schiena circolava il calore della mano con cui l’aveva stretta a sé. Non avevano fatto molti passi lungo la riva, l’uomo le aveva detto che nel tango non è importante quello che si vede da fuori, ma ciò che accade dentro: «Le persone si lasciano incantare dai piedi dei ballerini, e così si perdono la vera magia. L’abbraccio».

Mirta si era abbandonata alle sensazioni senza pretendere di dare loro un senso. Se avesse dovuto ragionare su quanto stava accadendo, avrebbe dovuto giudicare tutto sbagliato: l’uomo era molto più vecchio di lei, si erano visti per la prima volta quel giorno e già si trovavano da soli, il limite del contatto fisico era stato abolito con un’immediatezza sconcertante e tutto il dopo era venuto come uno schianto.

In quel pomeriggio trascorso sulle rive del Río de la Plata, Mirta scoprì di non avere abbastanza difese e di non volerle. Il tango annullava tutto: le distanze, i tempi, le età, il passato. «Se stai nel tango, c’è solo presente» le aveva sussurrato l’uomo all’orecchio.

Si erano promessi di rivedersi il giorno dopo. Ma la mattina non si era presentato all’emporio. Quando qualche ora più tardi arrivò il ragazzo e cominciò a raccontare del cadavere restituito dal fiume, Mirta afferrò una medialuna e la schiacciò nel palmo della mano. Lo zucchero lucido le colò fra le dita, la marmellata si sparse come una macchia di sangue.

L’uomo di Buenos Aires aveva una moglie e un figlio, che vennero a riprendersi il corpo. Mirta non lo rivide, quel corpo, ma corse alla spiaggia e ballò con il vento.

Nel tango si parla una lingua primordiale: la lingua della vita. E la vita dice: «Sì, ancora. Per favore, di tutto questo ne voglio ancora».

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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