Pedro

11 Agosto 2018

Don Osvaldo Pugliese aveva un secondo nome. Pedro.
Don Osvaldo Pedro Pugliese il Novecento se l’è visto quasi tutto. Ci ha messo l’ancora nel 1905 e l’ha levata novant’anni dopo. Per uno sputo di cinque anni non è stato un uomo dell’Ottocento e per un altro sputo non si è sporto nel ventunesimo secolo. L’esistenza di Don Osvaldo Pedro Pugliese si era decisa a non strabordare: né di qua né di là. Tutta contenuta in secolo, come un uomo in un letto da cui non lascia spuntare né piedi né testa. Don Osvaldo Pedro Pugliese aveva una gran testa. Non di dimensioni, no. La sua gran testa si misurava in note e creazioni. Da piccolo l’avevano iniziato al violino, ma lo attiravano di più quegli ottantotto tasti lucidi lucidi – cinquantadue bianchi, trentasei neri.

Don Osvaldo Pedro Pugliese sedeva al pianoforte come un re buono sulla sua terra. Occhialetti, montatura grossa, naso adunco, stempiatura ampia: capelli dietro dietro dietro sulla fronte. Una generale impressione d’uccello rapace stranamente mansueto, con occhi intelligenti. Sul piano piovono le dita come un blocco unico, un’intera mano atterra sui tasti.

Don Osvaldo Pedro Pugliese voleva un gran bene ad Adrián e alla sua voce. Adrián morì a ventinove anni.

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

Commenti

Commenta la storia

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Personaggi: