Grado zero

19 Ottobre 2019

Nello spogliatoio vuoto, Anita si massaggia i piedi. Prima uno, poi l’altro. Guarda le scarpe con i tacchi che ha lasciato sul pavimento davanti a sé. Le usa tutti i giorni, ha una certa dimestichezza. Aveva iniziato a portarle perché le sembrava di essere troppo bassa, poi non aveva più smesso, anche se nel suo trentunesimo compleanno era riuscita a guardarsi per intero e a dirsi che tutto sommato aveva un’altezza normale.

Credeva di avere ormai il dominio del proprio equilibrio, dei passi in lunga sequenza senza interruzioni, della fluidità del movimento di fronte alle superfici riflettenti dei palazzi e dei negozi. Le piaceva constatare la fierezza della postura, sbirciando con la coda dell’occhio la propria immagine specchiata.

Poi era arrivato il tango.
«Per ora dovete solo camminare» aveva detto il maestro durante la prima lezione. «Dimenticatevi tutto quello che vi sembra di sapere su questo ballo. Scordatevi pose sceniche e rose in bocca. Camminate e basta».

Anita ci aveva provato, a “camminare e basta”, ma improvvisamente non ne era più capace. Si era guardata intorno e sembrava che il problema fosse comune. Dalla disinvoltura di pochi secondi prima, ora le persone si erano trasformate in struzzi zoppi, robot scattosi, cuccioli di giraffa che cercavano di capire cosa farsene delle zampe come dovessero risolvere il cubo di Rubik.
Erano diventati un’umanità scomposta e fragile.

Avrebbe dovuto essere semplice, no? Piede destro. Poi piede sinistro. Di nuovo piede destro e così via. Il maestro diceva: «È una cosa naturale, lo fate tutti i giorni», ma Anita aveva scoperto che appena concentri l’attenzione sulle cose “più naturali”, improvvisamente non sai più farle. Di’ a qualcuno di concentrarsi sul respiro e come prima cosa andrà in apnea.

E quindi eccoli lì: adulti incapaci di stare in equilibrio sulle proprie gambe. Adulti regrediti allo stato di infanti. Adulti che si ritrovavano al punto zero della loro evoluzione.

Il tango è un punto zero, pensò Anita, mentre finiva di massaggiarsi i piedi.
Nel tango torniamo a essere neonati.
Camminiamo, ma non come sempre né come prima.
Camminiamo, ma un po’ diversi.

Il maestro aveva concluso la lezione dicendo: «Per ora non preoccupatevi, all’inizio è normale sentirsi incapaci. Ma a un certo punto vi accorgerete che il modo in cui camminate nel tango inizierà a influenzare il modo in cui camminate nella vita».

E quel giorno sarà un bel giorno.

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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