È il mio sì, non il suo

22 Giugno 2019

La milonga è frizzantina, l’estate fa il rumore della carta delle caramelle – quella tutta argentata, in cui ogni piega è anche un riflesso della luce. Sono con un mio amico al tavolino, ci siamo presi una bottiglia d’acqua e due bicchieri con dentro del ghiaccio. Tengo la mano attorno al bicchiere per godere della frescura.

Nella ronda ci sono persone che non ho mai visto prima. In fondo, per esempio, c’è un ballerino che sembra essere in diretta connessione con la vita. L’energia dei suoi movimenti ha il brio del buon umore e l’intensità dei bagagli interiori, quelli accumulati negli anni e custoditi come viene custodito il sapere umano nelle antiche biblioteche.

Durante la cortina, lo cerco con lo sguardo. I nostri occhi si incrociano. Nasce un sì reciproco, di quelli belli, che sgorgano senza fatica e con la voglia di sorridere.
Mi dirigo verso di lui. Si dirige verso di me. È più veloce, mi incontra quando sono ancora vicina al posto dove ero seduta.
Vedo che prima di entrare nell’abbraccio fa un cenno al mio amico: è una richiesta di permesso. Probabilmente crede che siamo una coppia e gli sta gentilmente domandando il beneplacito per ballare insieme me.

Nella mia mente inizia la folle corsa: schivo i ballerini, infilo la porta, mi catapulto in strada e chiamo il primo taxi che si affaccia sulla grande via della grande città del grande mondo. Poi succede come nei sogni: io sono troppo grande e non riesco a entrare nell’abitacolo del taxi, allora aspetto il successivo e stavolta fila tutto liscio. Ma mi accorgo di essere senza una scarpa e di aver dimenticato la borsa, fortunatamente nella tasca ho le chiavi di casa. Dico al tassista di sfrecciare verso un indirizzo dal nome esotico, lui non capisce, allora gli grido nell’orecchio per sovrastare il motore che centrifuga un suono da assordamento universale. Il tassista si volta verso di me: «Signorina, non c’è bisogno di urlare così!», io mi scuso ma non trovavo altre soluzioni e comunque coraggio, avanti, faccia presto, ché devo controllare una cosa prima dell’inizio della tanda.
«Abbiamo dieci secondi per andare e tornare» dico al tassista, «ce la facciamo?».
«Ce la facciamo».

In un secondo siamo sotto casa mia, il secondo successivo sto girando la chiave nella toppa, subito dopo sono davanti al calendario e sì: siamo effettivamente nel 2019.
Pensavo che fosse un anno sufficiente a rendere sufficiente il sì di una donna.
Ridiscendo le scale di corsa (ormai sono passati quattro secondi), il tassista mi aspetta e adesso fa il tifo per me, al secondo numero cinque impenna con tutta l’auto e schizza via, tre secondi di tragitto (sempre bella la città vista dal finestrino) e parcheggia davanti alla Gran Milonga del grande mondo. Non c’è tempo per pagare, ma il tassista mi rassicura: in casi come questi si paga in magia e quel viaggio è stato un po’ una magia. Al secondo numero dieci sono tornata nell’abbraccio con il mio ballerino.

Mio-ballerino, adesso ti dico una cosa e te la dico lieve e te la dico piena di affetto. So che il tuo gesto era di cortesia e so che non avevi cattive intenzioni, ma comprendi il peso di ciò che nasconde? Se il mio amico (che tu credi essere il mio fidanzato) non fosse stato d’accordo a vederci ballare insieme, tu ti saresti ritirato in nome di un qualche codice d’onore? Avresti pensato che il suo no avesse più peso del mio sì?

Mio-ballerino, te lo dico con il sorriso più bello che posso sfoggiare in questa sera d’estate e di carta argentata: il sì di una donna è già un sì tutto intero.

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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