Amplificami la solitudine

28 Settembre 2019

Avrebbe voluto nascere con una voce a cui le persone fossero disposte ad accordare un microfono. Ecco, tieni: per te. Facci sentire. E tutti zitti, tutti in attesa, tutti aperti alla possibilità di un miracolo.

Avrebbe voluto prendere un bel respiro teatrale e cantare sui palchi di Buenos Aires, New York, Berlino, Parigi. Poi alcuni autografi, un paio di bicchieri, abbracci post-trionfo.

Avrebbe voluto quel microfono per convincere le persone ad amarlo.
Ma la vita gli scorse via in silenzio, perse presto i capelli, lo sguardo invecchiò, la pelle si fece dura prima che l’anima potesse diventare altrettanto robusta, la barba gli bucherellava il volto secondo un ordine sparso. Si trascinò in un lavoro che non amava, andò in pensione quando fu il tempo, non ebbe figli, solo donne saltuarie di cui, dopo un po’, aveva timore. Nei momenti in cui credeva di essere già morto, il tango gli ricordava che era ancora vivo.

A sessantasei anni si trasferì nella capitale. Attraverso un giro di amici di amici di amici, iniziò a gestire una milonga. Pensò che potesse diventare il suo piccolo palco, la sua occasione di essere amato.

Ora il sabato sera si veste con giacche lucide e scure – blu elettrici, neri satinati, cenere scintillante. Va alla postazione del tdj e solleva il microfono molto prima che cominci il brano. Rimane in attesa, con le dita a stringere un mezzo-sogno ormai indurito dalle tempistiche mancate e dalla mancata esplosione.

Appena la musica inizia, con voce accorata pronuncia parole in spagnolo, accenna dei vocalizzi, si batte la mano sul petto. Stringe le palpebre, come dovesse uscirne tutta la sua non-vita. Per qualche secondo canta sopra la voce del cantante. Poi si zittisce. Resta immobile. Si perde in un profondissimo buco dell’aria. Durante la cortina si rianima: di nuovo canta sopra la voce del cantante. Va avanti così per tutta la sera. Ogni tanto si concede una tanda, che balla con uno sguardo improvvisamente resuscitato.

Il tango è la sua ultima – unica – esplosione.
Di quelle che non si vedono, ma che ti tappezzano di microfoni il mondo interiore. E tu continui a sentire e a sentirti amplificato, anche se da fuori non fai alcun rumore.

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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